lunedì 12 novembre 2007

UBU SETTETE - 10/11 - V SERATA





SABATO 10/11 h.21.00 - TEATRO FURIO CAMILLO

Compagnia Quotidiana.com
MeDeo
meglio essere una pecora nera che una pecora e basta (il teatro dell’orrore in un orrore di società)
Di Paola Vannoni. Regia di Roberto Scappin. Con Roberto Scappin e Paola Vannoni.
Se Medea è un’eroina tragica, MeDeo è una tragedia attuale. Non mostro, non alieno, ma parto di una società in raptus costante. Smembrare un mito antico per ritrovarvi tutto il nostro orrore.

L’associazione culturale Quotidiana.com si costituisce a Rimini nel 2003. L’attività prevalente si esplica attraverso l’omonima compagnia teatrale parallelamente alla produzione video.
Il nucleo attivo dell’associazione è costituito sostanzialmente da due persone: Paola Vannoni e Roberto Scappin
Roberto Scappin, dopo aver dedicato più di un decennio alla professione d’attore, impegnato in produzioni teatrali dal Gruppo della Rocca al Teatro degli Incamminati, mette in discussione il teatro di prosa da cui proviene rilevando il limite impiegatizio dell’apparato degli stabili e l’ assenza di quell’ impegno sociale che comincia invece a intravedere come requisito fondamentale per l’artista.
Sceglie così per una frattura totale, dalla professione e dal territorio, convinto che qualsiasi mestiere gli procurerà minor sofferenza che sentirsi la pedina di un teatro che celebra se stesso mentre muore.
In Romagna ritorna cautamente a guardare al teatro da un’altra prospettiva, provando a ricostruire un percorso sulle basi di un ideale artistico e sociale, chiaro e scomodo: sollecitare attraverso il teatro una riflessione sui temi che, da sempre, scatenano divisioni: amore, denaro, potere.
Paola Vannoni fonda le sue basi artistiche prevalentemente sulla scrittura che approfondisce attraverso corsi di drammaturgia, sceneggiatura, scrittura comica, metodo John Gardner. Il passaggio al teatro dalla danza contemporanea avviene dall’incontro con Marco Baliani nelle “Antigoni della terra” (Bologna 1992), a cui partecipa nel gruppo di danzatori. Questa esperienza di teatro politico e di profondo impegno civile segnerà tutto il suo futuro percorso. Nei laboratori che frequenterà in seguito ritroverà raramente, nelle persone e nelle idee, una equivalente consapevolezza della responsabilità dell’arte; questo rappresenterà uno stimolo a proseguire ancora più tenacemente su questa strada.
La forte motivazione politica che è alla base del nostro teatro, non è però disgiunta da una ricerca estetica e di linguaggio imprescindibile dalla materia artistica; la vera bellezza sta forse nella ricerca di una verità libera da condizionamenti e controllo, coraggiosa e oltraggiosa.
Termini come profitto e consenso non dovrebbero condizionare l’artista il cui ruolo, se non siamo nell’era dei ruffiani, è quello di smascherare e denunciare, attraverso un personalissimo punto di vista, le degenerazioni del suo tempo: contro la mercificazione dell’arte, contro la deriva del pensiero.

Produzioni teatro: 2003 “Solo” da Pasticcio di Merli di Raymond Carver;
2004 “La stanza dell’esigenza” – Argo Navis 2003-2004
2006 “Carcasse – il mondo è pieno di significati abbandonati” Argo Navis 2005-2006.
2007 “MeDeo – megio essere una pecora nera che una pecora e basta”
Produzioni video: 2002 “Et-cetera” cortometraggio, spazio Torino Film Festival
2003 “Sulle cose del sesso” documentario, Anteprima Bellaria Film F.
2005 “Uomodonna” cortometraggio, Anteprima Bellaria Film Festival (menzione della giuria)
2005 “Ex-voto” 150” a tema fisso Anteprima Bellaria Film Festival
2006 “Figlio”, mediometraggio.

La figura della Medea di Euripide ci conduce direttamente al “teatro dell’orrore”.
Se la sua tragedia può essere collocata senza forzature nel tempo presente, modificare la sua identità sessuale ci consente di esplorare da una diversa prospettiva un dramma che sembra non potersi disgiungere dalla natura umana.
Pur ritrovando ai nostri giorni episodiche figure tragiche di moderne Medee, è infatti il corrispondente maschile ad attirare la nostra attenzione per il suo rinnovarsi esasperato nella cronaca quotidiana.
Uomini che in seguito alla separazione/abbandono individuano come unica soluzione al disagio la soppressione fisica della moglie e spesso anche dei propri figli.
La lista dei delitti familiari e degli infanticidi, continua al ritmo di circa 220 all’anno per i primi e di una ventina l’anno per i secondi (stime Eures - Centro ricerche sociali ed economiche).
Perché così spesso l’uomo, a differenza della donna, sembra non possedere mezzi per elaborare il disagio dell’abbandono se non quello di una disumana risoluzione?
Noi non siamo in grado di dare risposte. Possiamo solo fare ipotesi – trasfigurando con il linguaggio del teatro una realtà ben più sommessa – su questo percorso macabro dove le parole amore, odio e sangue sembrano rincorrersi all’infinito.
Ci interessa soffermarci su un orrore che rischia di trasformarsi in consuetudine con il consenso dell’indifferenza, quando dovrebbe invece attivare risorse e aiuti a prevenire il danno.
Il sospetto è che i modelli creati dalla nostra società, ivi compresi quelli maschili e femminili, siano in realtà così improponibili e inadatti alla natura umana da procurare un disagio che nel tempo, se non elaborato, conduce alla perdita di identità o all’alienazione mentale.
Ogni anno, solo in Italia, circa 600 adolescenti dai 18 ai 24 anni, in maggioranza maschi, si tolgono la vita (secondo la fonte Istat i dati ufficiali sono ampiamente sottostimati). All’uomo, in particolare, si impone fin dall’adolescenza un rituale di condotta tale da poterlo definire maschio, con tutte le forzature che intervengono a plasmare e modificare il suo microcosmo.
Da qui comincia la nostra storia. Che parte da molto lontano. Noi ipotizziamo dalle origini dell’essere umano.

Medeo è l’uomo contemporaneo.
O almeno è parte di esso.
È l’uomo che ha ereditato il dna dei suoi antenati, non dalle prime specie di ominidi, bensì da quella specie che ne rappresenterebbe l’evoluzione: l’homo sapiens. Il dna del modern humans è il medesimo dell’homo sapiens di 25.000 anni fa, e questo serve forse a motivare il perdurare di certi comportamenti sociali.
L’Homo sapiens, non pago d’aver stabilito la propria supremazia sul mondo animale e vegetale, trovò necessario imporla anche all’altro sesso – da cui sesso opposto/altro da sé, dovendo necessariamente porre – a sostegno di questa declamata superiorità - accanto ai privilegi, ferrei divieti:
- il divieto di mostrarsi deboli
- il divieto di manifestare dubbi e incertezze
- il divieto di commuoversi e di piangere
- il divieto di avere paura
- il divieto di qualsiasi forma di dipendenza emotiva

Nel corso dei secoli questi divieti hanno reso necessario il sostegno di un anticorpo che, da solo, ha sopportato l’impegno di tenere a distanza tutte le manifestazioni emotive considerate deplorevoli in un soggetto maschio.
Visualizziamo questo anticorpo come un’entità che, per potersi sostenere, si è nutrita della materia che lo conteneva fino a diventare esso stesso corpo, appropriandosi delle sembianze dell’essere che lo ha generato.
Ora che questo anticorpo non ha più solo la funzione di filtro ma deve anche affrontare relazioni umane e quotidiana esistenza, il carico di divieti che ha imploso si è materializzato in una enorme tossina, che deteriora ogni relazione e agisce solo in funzione della propria sopravvivenza.
Ma la solitudine di questa condizione è così lacerante da riesumare in questa entità una primordiale forma emotiva: il dolore.
E’ così che il dolore genera una violenta, fisica determinazione a scuotere la falsa realtà che lo sostiene. L’unica possibile salvezza è la distruzione di questo corpo e la riconquista di una purezza originaria priva di limitazioni.
Distruggere questo corpo significa semplicemente far esplodere ciò che ora è imploso, con il prezzo doloroso che la deflagrazione simultanea di queste emozioni provocherà nell’ambiente e nelle relazioni.
Nel riappropriarsi di autonomia, identità e libero arbitrio, si transita attraverso un buco nero di immoralità e violenza; nel rifiuto delle manipolazioni e nella liberazione del dolore l’uomo sconterà il confronto con nuove ferite: fragilità, paura, abbandono.

Non è una riscrittura della Medea di Euripide.
Qui MeDeo riflette da una parte la figura dell’uomo sopraffatto dal dolore che si accosta al gesto estremo di violenza infanticida.
Con pudore, incredulità e rabbia egli rivela ciò che troppo a lungo – dissimulando – ha occultato, forse come tardiva richiesta di aiuto, forse di remissione.
Dall’altra MeDeo è l’uomo che ancora si dibatte, che cerca responsabilità e risposte al suo stato di creatura impotente in balia del più orrendo pensiero di morte.
Egli esprime il rifiuto per l’eredità dei padri, là dove il suo sesso fu rigidamente circoscritto al ruolo produttivo e riproduttivo; nell’auspicare la caduta della fallocrazia che ha prodotto solo una immotivata discriminazione e una profonda frattura tra i sessi, egli tenta la distruzione e ricostruzione di un corpo che per troppi secoli è rimasto immutato, raccogliendo su di sé la polvere della menzogna che ha ostacolato la ricerca della verità e alterato il senso dell’ esistenza, inducendo gli uomini a scelte nefande per l’umanità intera.
Se da una parte il MeDeo tragico si rivela in tono attonito e accorato, dall’altra MeDeo esplode in una ribellione fisica e verbale prossima all’autodistruzione; nella ricerca delle zone taciute e inesplorate del sé, rimescolerà nelle viscere intorpidite della propria anima che sputeranno tutto il sangue, tutto il veleno, tutto ciò che di estraneo si è annidato nel suo corpo.
Se conformarsi al modello “socialmente consigliato” ha prodotto questa degenerazione, l’unica soluzione è riappropriarsi con determinazione della propria identità, a costo di essere emarginato, escluso, additato.
E’ il prezzo necessario per ritrovarsi, e per salvare gli altri da sé.
Perché non basta affermare che i mostri non sono mai esistiti, a liberare la società dall’orrore.






SABATO 10/11 h.22.30 - TEATRO FURIO CAMILLO

Francesca B. Vista
? Un solo collettivo
Coreografia e regia di Francesca B. Vista. Con Francesca B. Vista, Gabriella Bove, Gabriella Huober, Giuseppe La Regina, Luca Della Corte, Alessandro Amoroso.
Sotto l’involucro carnale palpitano molti più esseri non dico che in un gioco di carte ancora chiuso nel suo astuccio, o in un teatro prima d’entrarvi, ma nella folla immensa e sempre nuova (Proust).

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